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“È giusto rinunciare alla cultura d’origine per ragioni di sicurezza”

FLAVIA AMABILE – lastampa.it – Shukri Said, origini somale, religione musulmana di nascita, portavoce e segretaria dell’associazione Migrare,

Shukri Said, origini somale, religione musulmana di nascita, portavoce e segretaria dell’associazione Migrare, un compagno italiano e due figli a cui ancora non ha fatto scegliere la religione, non ha dubbi: «In Italia viviamo in un Paese democratico basato su una Costituzione che prevede la parità di diritti e doveri. Questo vuol dire che gli immigrati devono godere degli stessi diritti degli autoctoni ma anche che devono obbedire alle stesse leggi».

Anche quando queste leggi prevedono che si debba venir meno ai propri doveri religiosi?

«Non ho letto la sentenza ma mi sembra di capire che nel caso specifico il divieto riguardi un’arma da taglio e che quindi si tratta di un oggetto che può recare danno alla salute pubblica. In questo caso bisogna rinunciare a quanto prescrive la propria religione».

Per i sikh il coltello non è un’arma ma piuttosto, come il turbante, soltanto un simbolo della loro religione. Portarlo fa parte della loro identità.

«No, sono questioni diverse. Il coltello è un’arma da taglio, il rispetto della legge e della cultura del Paese in cui si va a vivere, ma anche la sicurezza e il buon senso, vogliono che ci si adegui alle regole. La religione non c’entra, però».

I giudici chiedono di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale in cui si è scelto di vivere. Questo vuol dire ad esempio che si potrebbe chiedere alle donne musulmane di andare in giro a volto scoperto, al contrario di quanto prescrive in alcuni casi la religione.

«Facciamo attenzione. Bisogna chiarirsi molto bene le idee. Il burqa è soltanto una forma di condanna e isolamento inflitta alle donne, non ha nulla a che vedere con la religione. Basta leggere il Corano per vedere che le donne devono andare in giro con volto e mani scoperte. Un’altra cosa sono il chador o comunque il capo coperto. In questi casi, se le donne ritengono di volerlo fare, possono farlo e non ci sono leggi per impedirlo perché non viola alcuna norma né principio di sicurezza. Purtroppo nel mondo islamico c’è un’ossessione nel voler controllare il corpo delle donne e spesso in Occidente si fa confusione su questo punto».

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