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Nigeria, stragi di civili, aggressioni e sequestri per “vietare l’educazione occidentale”

La denuncia arriva da Amnesty International (AI) che ha indicato nella data del 14 marzo un “punto di svolta” in questo scontro, che da cinque  anni destabilizza il Paese più popoloso dell’Africa, dove vive il 7% dei poveri di tutto il mondo

ROMA – L’inasprimento del conflitto nella Nigeria nord-orientale tra il gruppo islamista Boko Haram e le truppe governative ha raggiunto una brutalità tale da entrambe le parti, che la comunità internazionale non può continuare ad ignorare. La denuncia arriva da Amnesty International (AI) che ha indicato nella data del 14 marzo un “punto di svolta” in questo scontro, che da cinque  anni destabilizza il Paese più popoloso dell’Africa: in un solo giorno sono state giustiziate dai militari oltre 600 persone a Maiduguri, capitale del Borno. Ieri, lunedì, Boko Haram è tornato a colpire la capitale Abuja dopo due anni: un duplice attentato dinamitardo nell’affollata stazione dei bus di Nyanya Motor Park ha fatto almeno 70 morti e oltre 120 feriti.

Aggressioni deliberate ai bambini. Dall’inizio dell’anno i morti nelle violenze sono stati almeno 1.500, oltre la metà tra la popolazione civile, e in 250.000 hanno dovuto abbandonare le proprie case. Le colpe di questo terribile bollettino di guerra ricadono sia sui miliziani che sui soldati. C’è un aumento degli attacchi di Boko Haram a villaggi, caserme, chiese, moschee, mercati, stazioni, scuole, con deliberate aggressioni ai bambini, fino ad obiettivi militari di rilievo. Domenica scorsa 60 persone sono state massacrate in alcuni villaggi del Borno, mentre il bilancio della scorsa settimana è di 135 morti in tre attacchi attribuiti al gruppo islamista e, secondo quanto riferito alla Bbc da Ahmed Zannah, senatore dello Stato, sono state rapite diverse donne.

Profonde divisioni etenico-religiose.
 D’altro canto, la brutalità delle Forze armate non contribuisce alla soluzione di un conflitto che ha radici nelle profonde divisioni etniche e religiose della società nigeriana; tra un Nord musulmano con ampie sacche di povertà e un Sud cristiano più ricco, in un Paese che è il maggiore produttore di petrolio del continente, ma è pure al terzo posto della classifica della povertà della Banca Mondiale: il 7 per cento dei poveri del mondo vive in Nigeria.

Il guerrigliero-Imam. Il dispiegamento massiccio di truppe negli Stati nord-orientali di Borno, Adamawa e Yobe, in cui vige lo stato d’emergenza, non sembra avere fiaccato la “rivolta” di Boko Haram. Al contrario, la milizia capeggiata da Abubakar Shekau, personaggio a metà tra un guerrigliero e un imam, sulla cui testa pende una taglia milionaria, prosegue la sua “guerra santa” per imporre una rigida versione dell’islam e bandire ogni traccia della cultura occidentale. Il nome Boko Haram tradotto dalla lingua hausa significa “l’educazione occidentale è vietata”.

Esecuzioni sommarie di persone disarmate. Ma a fare strage il 14 marzo sono stati i soldati. Le testimonianza raccolte da Amnesty parlano di esecuzioni sommarie di persone disarmate. Una rappresaglia dell’esercito contro i detenuti evasi durante un attacco al complesso militare Giwa Barrack, il più grande del Borno, dove di solito sono imprigionati in condizioni disumane e spesso senza accuse presunti islamisti. Andrew Noakes su AllAfrica ha paragonato l’attacco a quello messo a segno nel cuore di Kabul dai Taliban nel 2012, e in effetti i miliziani di Boko Haram sono talvolta denominati i “taliban nigeriani”. Quando i soldati hanno ripreso il controllo della caserma, sono iniziati i rastrellamenti e le uccisioni. Una versione sostenuta da Zannah, citato dal New York Times: “L’intero episodio ha riguardato l’uccisione dei detenuti”.

“Indagate su Boko Haram”.
 In questo conflitto “tutte le parti stanno violando il diritto umanitario internazionale”, ha detto Netsanet Belay, direttore del programma Africa di Amnesty International, “Esortiamo la comunità internazionale ad aprire un’indagine indipendente su accadimenti che potrebbero costituire crimini di guerra e contro l’umanità. Le atrocità commesse da Boko Haram sono spaventose e creano un clima di paura e di insicurezza, ma questo non giustifica la brutalità delle Forze armate”.

La debolezza del governo nigeriano. 
Il governo nigeriano fatica a contrastare Boko Haram, sospettato di avere forti legami con Al Qaeda nel Maghreb (AQIM) e inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dagli Stati Uniti. Il movimento si è guadagnato l’attenzione internazionale con l’attentato suicida del 2011 al quartier generale dell’Onu ad Abuja. Nonostante i rinforzi inviati al Nord, Boko Haram non pare indebolito e ha travalicato i confini nigeriani: sono tre i sequestri attributi al movimento in Camerun, l’ultimo è quello di due sacerdoti italiani e di una suora canadese. Un’attività redditizia, ha fatto notare Ryan Cummings sul Think Africa Press, citando un rapporto del governo britannico: dal 2009 i gruppi qaedisti del Nord Africa hanno incassato riscatti per almeno 45 milioni di dollari. Ma è anche una strategia rischiosa, che implica preparazione, capacità operative e una forte rete di contatti e Boko Haram sembra possedere tutte queste caratteristiche.

Una lunga storie di golpe, rivalità e povertà. Una minaccia alla stabilità di un Paese con una storia di golpe, regimi militari, rivalità etniche-religiose e un presente di disparità sociali, corruzione, violenze, povertà. Per molti, la soluzione del conflitto sta nella capacità del governo di mettere in campo politiche di equità sociale, di sicurezza e di sviluppo economico che sottraggano il consenso, e il bacino di reclutamento, di cui gode Boko Haram nelle comunità che si sentono bistrattate e minacciate dagli stessi militari che dovrebbero difenderle. Il governatore del Borno, Kashim Shettima, ha parlato di un Piano Marshall per il Nord.






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