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Immigrazione, la “furba” Italia tra due fuochi: il diktat della Ue e l’ammonimento delle associazioni umanitarie

Lo scontro cova da sempre sotto la cenere. Da una parte la visione securitaria, dall’altra quella umanitaria  ell’accoglienza ai profughi. Non è un caso che s’infiammi a pochi giorni dall’anniversario della strage del 3 ottobre dello scorso anno, quando davanti a Lampedusa morirono annegati quasi 400 immigrati (il bilancio fu di 368 morti e 20 dispersi) e parve che l’Unione europea, con in testa l’Italia, avesse deciso di intervenire per interrompere le tragedie del Mediterraneo. Poche settimane dopo fu avviata l’operazione “Mare Nostrum” che ora rischia di essere interrotta o fortemente ridimensionata.
Un’ipotesi che ha suscitato una reazione durissima, senza precedenti, da parte degli aderenti alla campagna “Giustizia per i nuovi desaparecidos” che hanno inviato al governo italiano una vera e propria diffida. Per porre l’esecutivo “di fronte alle responsabilità che gli deriverebbero se interrompesse l’operazione ‘Mare Nostrum’”. In tal caso, avverte il comunicato, saranno attivate tutte le vie legali sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, “per porre fine all’impunità di coloro che risultino coinvolti, sia in passato che attualmente, nella formulazione e nell’attuazione della politica di morte sopra tratteggiata”.
L’annuncio è coerente con l’azione avviata due mesi fa da questo gruppo di influenza composto da intellettuali,i operatori umanitari e tecnici del diritto: inquadrare le morti nel Mediterraneo nell’ambito dei crimini contro l’umanità e chiedere al Tribunale dei popoli (l’ex tribunale Russal) di dedicare una sessione alle tragedie nel Mediterraneo. Se si considera che analoghe sessioni in passato sono state dedicate ai crimini di guerra commessi dall’esercito Usa in Vietnam, si comprende bene qual è la visione del comitato “Giustizia per i nuovi desaparecidos”. Che sta raccogliendo consensi crescenti e ha al suo interno diversi legali specializzati nella difesa dei diritti umani. La possibilità che le stragi in mare diano luogo ad azioni legali – oltre a quella di carattere morale davati al Tribunale per i diritti dei popoli- non è astratta.

Il governo italiano si trova tra due fuochi. Questi avvertimenti delle associazioni umanitarie, infatti, arrivano assieme a pressione europee di segno opposto, accompagnate da un “braccino sempre più corto”. La Ue forse aumenterà il modesto (80 milioni l’anno) bilancio della sua Agenzia per il controllo delle frontiere (Frontex), ma non metterà un euro nell’operazione “Mare Nostrum” che resta un affare esclusivamente italiano, compreso il suo costo (9 milioni al mese).
Contemporaneamente l’Europa continua a essere fortemente critica rispetto alle politiche italiane di accoglienza dei rifugiati. Da tempo siamo accusati di “fare i furbi” e adesso – come dimostra una circolare strettamente riservata diramata a metà settembre dal ministero dell’Interno, dobbiamo rimetterci in riga. In definita, non possiamo più permetterci di “chiudere un occhio” lasciando che migliaia di migranti transitino per il nostro Paese senza essere registrati e poi varchino la frontiera per chiedere asilo in altri Stati. Un modo per aggirare il “regolamento di Dublino” che prevede che la domanda di asilo venga presentata nel primo paese europeo dove il migrante ha messo piede.
La circolare – di cui ha dato notizia l’agenzia “Redattore sociale” – modifica le modalità di fotosegnalamento. E dà l’indicazione di individuare immediatamente i nuovi arrivati, prendendo le loro impronte digitali. Non è difficile fare i conti, come ha sottolineato il vicepresidente nazionale dell’Arci Filippo Miraglia: “Dall’inizio dell’anno sono arrivate nelle nostre coste più di 130mila persone, ma nei centri ne sono state registrate circa 60mila”. Dove sono andati a finire i restanti 70mila? Domanda retorica: si sono distribuiti in altri paesi europei. Che hanno deciso di dire basta al giochetto. Gli strumenti di pressione non mancano, e la circolare riservata dimostra che hanno prodotto un effetto.
E’ chiaro dunque il terribile sospetto che circola tra le associazioni umanitarie. Il sistema di accoglienza era già in difficoltà anche quando identificavamo metà degli arrivati. Se li identificheremo tutti rischierà il collasso. A meno che gli arrivi non diminuiscano, qualunque cosa accada…





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