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Fame, c’è quella nascosta che colpisce due miliardi di persone nel mondo

L’Indice globale nel rapporto realizzato da tre organizzazioni non governative (International Food Policy Research Institute, Concern Worldwide e Welthungerhilfe) e diffuso in Italia da Cesvi, quest’anno con il partocinio di Expo 2015ROMA – C’è una fame nascosta, che colpisce due miliardi di persone nel mondo. Come quella che si vive a Rosario, la città natale di Leonard Messi. In pochi assocerebbero il nome del secondo calciatore più ricco al mondo, dopo Cristiano Ronaldo, alla parola “malnutrizione”. Eppure anche l’asso del Barcellona ha vissuto la povertà e l’Argentina è uno dei casi significativi di un panorama più complesso sulla fame nel mondo. A tracciarlo è l’Indice globale della fame 2014, un rapporto internazionale realizzato da tre organizzazioni non governative (International Food Policy Research Institute, Concern Worldwide e Welthungerhilfe) e diffuso in Italia da Cesvi, quest’anno con il partocinio di Expo 2015.


La sfida vinta. Se nella lotta alla fame esistono i sommersi e i salvati, si può dire che l’Argentina abbia vinto la sfida. Secondo gli ultimi dati FAO, il Paese di Papa Bergoglio ha raggiunto l’obiettivo fame-zero: è riuscito cioè a dimezzare il numero di affamati, soprattutto grazie ad azioni messe in atto dal governo nei confronti dei bambini e dei più vulnerabili, e a mantenere i livelli di malnutrizione sotto i 5 punti percentuali. Eppure persino questo Paese virtuoso continua a fare i conti con una fame più insidiosa, quella legata alla scarsità di micronutrienti.

La sottonutrizione pericolosa.
 “La fame nascosta è un tipo di sottonutrizione che si verifica quando l’assunzione e l’assorbimento di vitamine e minerali sono troppo bassi per garantire normali condizioni di salute”, spiega Diego Carangio, esperto di nutrizione del Cesvi. “L’abbiamo definita così perché è una fame spesso difficile da individuare, ma è molto pericolosa perché indebolisce il sistema immunitario, compromette lo sviluppo fisico e intellettuale e, nelle forme più acute, può portare alla morte”.

L’assenza di micronutrienti essenziali.
 Secondo il rapporto diffuso, due miliardi di persone soffrono di questo tipo di fame e non hanno accesso a un’alimentazione di qualità sufficiente. “Avere la pancia piena non basta se il tipo di alimentazione manca di micronutrienti essenziali per una vita sana” continua Carangio. “Questo vale soprattutto per i bambini, perché la fase cruciale, dove la carenza di vitamine e minerali può causare danni, è quella dei primi mille giorni di vita. Per questo investire sulla nutrizione corretta di mamme e bambini, come stanno facendo Paesi come l’India, il Ghana o il Brasile, è un vantaggio per tutta la comunità”.

I tre indicatori. L’Indice globale della fame ha la caratteristica di focalizzare l’attenzione proprio sui bambini, come spia del benessere delle future generazioni, e valuta 120 Paesi del mondo in base a tre indicatori: la percentuale di popolazione denutrita, il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni e la percentuale di bambini sottopeso con meno di cinque anni. Gli Stati ricevono un punteggio da 0 a 100, più è alto più i livelli di fame sono allarmanti. La buona notizia è che la fame è diminuita a livello globale anche se, sottolinea il rapporto, il dato di 805 milioni di persone affamate nel mondo “resta inaccettabilmente alto”.

I maggiori progressi. A registrare i maggiori progressi rispetto a cinque anni fa sono l’America Latina, dove il punteggio è diminuito del 54% e il sud-est asiatico (-53%). Fra gli Stati spicca il caso dell’India, dove la sottonutrizione dei bambini è diminuita di quasi 13 punti percentuali dal 2006 al 2014. “In Brasile, Colombia e Venezuela hanno inciso soprattutto le azioni dei governi di sostegno alle fasce più deboli attraverso campagna coordinate a tutti i livelli per combattere la fame” commenta l’esperto del Cesvi.

L’allarme dal Burundi e l’Eritrea.
 In Africa è il Ghana a registrare le migliori perfomance, tanto da rientrare nei dieci Paesi che hanno fatto più progressi dal 1990 insieme ad Angola, Bangladesh, Cambogia, Ciad, Malawi, Niger, Ruanda, Thailandia e Vietnam. Ma ci sono anche i “sommersi”, Paesi come lo Swaziland dove l’indice della fame è cresciuto del 67%, l’Iraq (+48%) le Comore (+28%) e il Burundi (+11). Dei 120 Paesi analizzati, due sono in condizioni estremamente allarmanti (Burundi ed Eritrea), 14 hanno un livello di fame allarmante (tra cui Haiti, Laos e Mozambico) e 39 grave (tra cui India, Uganda e Kenya). 

La formula vincente. La formula vincente per migliorare, secondo gli esperti che hanno redatto l’indice è un approccio su diversi fronti che includa azioni su agricoltura, salute, acqua e servizi igienico-sanitari, protezione sociale, educazione. È il tipo di intervento che Cesvi sta realizzando attraverso operatori locali in Somalia, nelle regioni centro meridionali di Mudug e Hiran, dove oltre 1 milione di persone sono colpite da una grave crisi alimentare, resa cronica dall’insicurezza causata dagli scontri armati e dalle ricorrenti siccità.

fonte: www.repubblica.it






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