Immigrati, sentirsi italiani con una parte dell’Italia contro
VLADIMIRO POLCHI – repubblica.it – L’Italia condivide due record con la Spagna, primo: è il paese Ocse con la più alta crescita della popolazione immigrata dall’inizio del 2000. Secondo, che gli stranieri sono essenziali alla sua economia, ma subiscono una difficile integrazione, un incerto sistema dei permessi, la sottoccupazione, lo sfruttamento sul lavoroROMA – Modificare la Bossi-Fini, introdurre lo ius soli, riconoscere il voto amministrativo agli immigrati. A chiederlo non è un’Ong, o un’associazione che difende i diritti di cittadinanza, tantomeno un partito politico, ma il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Lo fa, illustrando i risultati di una lunga ricerca: “L’integrazione degli immigrati e dei loro figli in Italia”, curata dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Cosa emerge? Primo, che l’Italia condivide un record con la Spagna: è il paese Ocse con la più alta crescita della popolazione immigrata dall’inizio del 2000. Secondo, che gli stranieri sono essenziali alla sua economia (50% tra i muratori e badanti), ma subiscono il deficit d’integrazione del Paese.
Il record italiano. Assieme alla Spagna, l’Italia è il paese dell’Ocse con la più alta crescita annuale della popolazione immigrata regolare fin dall’inizio degli anni 2000: secondo i dati Ocse, si tratta di circa 4,5 milioni di persone, che rappresentano quasi l’11% della popolazione in età lavorativa (15-64 anni), spinte alla migrazione inizialmente dalla ricerca di occupazione e successivamente da ricongiungimenti familiari e ragioni umanitarie.
I sistema dei permessi. Il sistema dei permessi, attualmente, fa sì che venga concesso uno status temporaneo prolungato solo al 50% circa degli immigrati extracomunitari; l’altra metà deve affrontare un percorso lungo e incerto per la naturalizzazione. Le stesse procedure per l’acquisizione della cittadinanza sono molto rigide rispetto ad altri Paesi Ocse.
Lo sfruttamento dei migranti. Nel contesto italiano, gli immigrati sono diventati una componente strutturale della forza lavoro, soprattutto nel settore edile (50% dei lavoratori immigrati uomini) e in quello dei servizi domestici e assistenziali (50% delle donne immigrate occupate). I tassi di occupazione della popolazione immigrata in Italia, di gran lunga al di sotto della media Ocse, sono superiori rispetto a quelli degli autoctoni, con un’altissima incidenza di lavoro sommerso e irregolare, sfruttamento e discriminazione.
Meglio al Sud. Qualche miglioramento delle condizioni lavorative si registra grazie a una significativa mobilità Sud-Nord, nonostante le maggiori opportunità occupazionali per gli immigrati rispetto ai nativi continuino a trovarsi nel Meridione d’Italia.
I figli degli immigrati. La metà degli stranieri di età compresa tra i 15 e i 34 anni ha un livello di istruzione, nel migliore dei casi – sostiene Ocse – equivalente al livello di istruzione secondaria di primo grado. Non solo. Si registra tra i figli di immigrati un crescente tasso di abbandono scolastico e una percentuale di NEET (individui che non sono impegnati nel ricevere un’istruzione, non hanno un impiego né lo cercano) pari a 1/3 degli immigrati di età compresa tra i 15 e i 24 anni.
L’integrazione dov’è? A causa del carattere recente di gran parte dell’immigrazione in Italia, alcuni aspetti delle infrastrutture per l’integrazione sono meno sviluppati che nella maggior parte dei Paesi con una lunga esperienza di immigrazione alle spalle. Per esempio, non vi sono programmi nazionali che prevedano alcun tipo di formazione linguistica orientata al mondo del lavoro.
Cnel: cittadinanza e voto. Alla ricerca Ocse, si accompagna una serie di raccomandazioni del Cnel-Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro: “Vanno finalmente compiute scelte decisive di politica nazionale per dare senso e forza alle politiche territoriali per l’integrazione, da un nuovo diritto di cittadinanza con un ius soli temperato (iniziando dai giovani nati in Italia e comunque con la formazione di base nel nostro Paese) al riconoscimento del voto amministrativo”.
Cnel: più Frontex. La pressione migratoria può essere affrontata, secondo il Cnel: “Con l’affidamento dell’operazione umanitaria Mare Nostrum a un pattugliamento comunitario nell’ambito di Frontex; con struttuture di accoglienza dell’Ue nei territori di primo arrivo dei profughi dal Nord Africa, particolarmente dalla Libia; con corridoi umanitari, previo accertamento nei Paesi di transito delle richieste di protezione umanitaria e asilo; con la revisione del Regolamento di Dublino II per una gestione comunitaria dei richiedenti asilo senza bloccarli nel Paese di prima identificazione. Insomma, una profonda innovazione nelle politiche migratorie deve qualificare il Semestre europeo di Presidenza italiana”.
fonte: http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2014/07/07/news/cnel-90907508/
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