Non c’è ius scholae che tenga: la Legge Bossi-Fini va abolita
Lo scorso 25 giugno l’Associazione Migrare ha lanciato su change.org una petizione per l’abolizione della Legge Bossi-Fini n. 189-2002 alla quale hanno sin qui aderito, tra gli altri quasi 2.000 firmatari: Roberto Speranza, Arturo Scotto, Gennaro Migliore, Mario Morcone, Maria Cuffaro, Gianni Pittella, Corradino Mineo, Enzo Nucci, Vincenzo Vita, Massimo Cacciari, Nicola Fratoianni, Michele Santoro, Pietro Grasso, Lia Quartapelle, Angela Caponnetto, Giuseppe Rossodivita, Sergio Elia. Da ultimo hanno aderito anche il Vescovo Mons. Giorgio Bertin, Nichi Vendola e Rosa D’Amato.
Queste nuove adesioni, unitamente alle recenti aperture dei figli di Silvio Berlusconi e di Forza Italia per i diritti civili e per lo ius scholae – temi già cari al centrosinistra – dimostrano quanto sia ampia e trasversale la convergenza socio-culturale su questi argomenti e l’inclusione nella nostra società.
Ben venga, quindi, l’adesione al principio dello ius scholae quale primo passo verso l’accettazione dello straniero ed i benefici economici e culturali che ne possono derivare per l’Italia, ma occorre sottolineare l’incompatibilità sostanziale tra lo ius scholae e la Legge Bossi-Fini.
Non basta, infatti, che l’art. 45 del D.P.R. 394/1999 consenta al minore irregolare di essere iscritto ad una scuola italiana o proseguire gli studi “con riserva” perché, di fatto, l’irregolarità della permanenza in Italia dei genitori incide sulla possibilità di avere una casa, servizi igienici adeguati, mezzi di sostentamento, un lavoro e uno stipendio regolari. Cioè, tutti quegli elementi essenziali alla frequentazione scolastica.
Del resto, le famiglie che si formano sul territorio, sono ancora in massima parte composte da prime generazioni di immigrati e sono quindi prive di quella rete sociale dei nonni, amici e parenti che costituiscono da sempre gli ammortizzatori sociali per le famiglie in difficoltà.
Il nodo fondamentale è costituito dal circolo vizioso innescato dalla Legge Bossi-Fini che àncora il rinnovo del permesso di soggiorno alla sussistenza del posto di lavoro sicché, perdendosi il posto di lavoro, si perde anche il permesso di soggiorno e, senza il permesso di soggiorno, non si può trovare un lavoro regolare, finendo con l’alimentare il caporalato, il lavoro nero, lo sfruttamento quando non la criminalità anche organizzata.
Invitiamo le istituzioni parlamentari a riformare la legge sulla cittadinanza e procedere all’abolizione della Legge Bossi-Fini.
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