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Sono “Condizioni disumane dei braccianti nella Piana di Gioia Tauro” la denuncia di Medici per i diritti umani

sono circa duemila i migranti che ogni anno arrivano a Rosarno e nella Piana  per la raccolta degli agrumi. Provengono in massima parte dal Burkina Faso, dal Mali, il Ghana, la Costa D’Avorio, dal Senegal. Il 64% prende in media 25 euro al giorno

ROMA – I duemila migranti (in massima parte giovani provenienti da Burkina Faso, Mali, Ghana, Costa d’Avorio, Senegal) che ogni anno arrivano a Rosarno e nella Piana di Gioia Tauro per la raccolta degli agrumi, vivono in condizioni disastrose e sono vittime dello stesso sistema di sfruttamento imposto, fino a mezzo secolo fa, ai braccianti italiani. La denuncia è dell’organizzazione umanitariaMedici per i diritti umani (Medu), che chiede al Governo e alla Regione Calabria un piano di accoglienza in grado di far fronte all’emergenza. “Da febbraio a oggi – ha detto  il coordinatore generale di Medu, Alberto Barbieri, durante una conferenza stampa alla Camera – abbiamo assistito 180 braccianti, provenienti per lo più dall’Africa sub-sahariana, nelle baraccopoli e nei casolari abbandonati di Rosarno, San Ferdinando, Rizziconi e Taurianova”.

Sono "Condizioni disumane dei braccianti nella Piana di Gioia Tauro" la denuncia di Medici per i diritti umaniL’89% lavora in nero. Tra i pazienti visitati, il 70% possiede un regolare permesso di soggiorno, il 45% è titolare di un permesso per protezione internazionale o motivi umanitari. L’89% lavora in nero, e il 64% percepisce in media 25 euro al giorno. Sono quasi tutti uomini di meno di  35 anni; il 46% di loro non riesce a lavorare più di tre giorni a settimana per turni di 7-8 ore; uno su quattro lavora anche 10 ore consecutive. Un terzo dei migranti riesce a consumare solo due pasti al giorno e la maggior parte delle malattie diagnosticate è legata alle pessime condizioni abitative e igienico sanitarie: vivono anche in 30-40 in stanze anguste e pericolanti, nei casolari abbandonati delle campagne. La tendopoli di San Ferdinando, ha aggiunto Barbieri, può ospitare fino a 450 tende, ma contiene il doppio di migranti ed è priva dei servizi essenziali: i 40 mila euro stanziati dal Ministero dell’Interno per questa stagione sono stati usati per la disinfestazione e per il parziale ripristino della fornitura elettrica.

Un nuovo modello di agricoltura. “Servono risposte concrete e coerenti – ha insistito Barbieri: – la Prefettura di Reggio Calabria si è e impegnata ad avviare un tavolo, bisogna lavorare da subito per un’inversione di tendenza”. “Nelle prossime ore – ha aggiunto  Khalid Chaouki (Pd), coordinatore dell’intergruppo immigrazione – possiamo provare a invitare a un tavolo informale i ministeri dell’Interno, dell’Agricoltura e del Lavoro, assieme alle associazioni, per individuare un nuovo modello di agricoltura”. “Per uscire dallo sfruttamento bisogna fare vera agricoltura, mentre in quei posti le pratiche sono al di fuori del sistema produttivo”, ha aggiunto Stefano Masini della Coldiretti.

Incompatibili con la civiltà.
 “Sulle spalle di questi uomini si regge di fatto gran parte del comparto agricolo della Piana di Gioia Tauro: eppure il modo in cui sono trattati è incompatibili con quei principi di civiltà che un paese rispettoso dei diritti fondamentali della persona dovrebbe sempre e comunque garantire”, sottolineano i responsabili di Medu. “Poco o nulla sembra essere cambiato rispetto alle condizioni materiali e ambientali che costituirono l’humus dei drammatici fatti di Rosarno del 2010. Nella nuova tendopoli di San Ferdinando, allestita dal Ministero dell’Interno circa un anno fa – dicono ancora i responsabili – le tende possono ospitare fino a 450 persone mentre attualmente il campo contiene circa il doppio di migranti, stipati, oltre che nelle tende, in baracche e rifugi improvvisati fatti di legno e teloni di plastica”.

Non esistono i servizi essenziali. “Già nello scorso novembre un giovane migrante che non aveva trovato posto all’interno del campo, è morto di freddo in un’auto. L’intero insediamento – dicono quelli di Medu – è privo dei servizi più essenziali. La fornitura elettrica è mancata del tutto da maggio a gennaio, quando è stata ripristinata esclusivamente l’illuminazione prodotta dai lampioni esterni al campo. Il riscaldamento degli alloggi e dell’acqua come la possibilità di cucinare gli alimenti, sono esclusivamente affidati ai numerosi fuochi accesi tra le baracche, che contribuiscono a rendere le condizioni di sicurezza dell’insediamento particolarmente precarie”.

Disastrose le condizioni abitative. Se le condizioni all’interno della tendopoli sono pessime, ancora più drammatica è la situazione abitativa e igienico-sanitaria delle centinaia di braccianti stranieri che trovano rifugio nei numerosi casolari abbandonati sparsi in tutta la Piana di Gioia Tauro. “Gli edifici diroccati e in condizioni fatiscenti visitati dagli operatori di MEDU sono privi di elettricità (nei casi più fortunati alcuni migranti dispongono di generatori a benzina), di servizi igienici e di acqua potabile, che deve essere raccolta spesso a centinaia di metri di distanza. I migranti si trovano a dormire, anche in numero di trenta o quaranta, in ambienti freddi e angusti, scarsamente areati e privi di luce, tra pareti invase dall’umidità e tetti semidistrutti che lasciano filtrare l’acqua piovana. Gli spostamenti quotidiani avvengono unicamente a piedi o – nonostante la pericolosità delle strade –  in bicicletta, dal momento che i trasporti pubblici sono inesistenti”.

Al massimo, due pasti al giorno.
 “Un terzo dei migranti visitati dai medici di MEDU riesce a consumare solo due pasti al giorno, mentre la maggior parte delle malattie diagnosticate, in una popolazione giovane e sostanzialmente sana, è legata alle pessime condizioni abitative ed igienico-sanitarie e alle durissime condizioni di lavoro. Tutti i migranti intervistati dispongono di guanti come presidio di sicurezza durante il lavoro, mentre solo il 29% fa anche uso di scarpe anti-infortunistiche. Nel 97% dei casi i braccianti devono acquistare per proprio conto i  presidi di sicurezza, poiché questi non vengono forniti dai datori di lavoro”.

La solidarietà nel borgo di Drosi. “A questa noncuranza sconcertante verso le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti immigrati, risponde nella misura delle sue forze la società civile della Piana con progetti e iniziative che dimostrano come sia possibile sviluppare validi percorsi di accoglienza e integrazione anche con risorse limitate – sottolinea MEDU – nel borgo di Drosi, nei pressi di Rizziconi, un gruppo di cittadini associati nella Caritas locale ha avviato dal 2010 un progetto che permette di accogliere ogni stagione circa cento lavoratori immigrati in abitazioni sfitte del paese, tramite il pagamento di un canone minimo.

Un’accoglieza adeguata e dignitosa. Medici per i Diritti Umani chiede alle istituzioni nazionali, regionali e locali un impegno concreto affinché da subito si proceda alla predisposizione di un piano che, valorizzando alcune buone prassi già sperimentate dalla società civile sul territorio, possa offrire un’accoglienza adeguata e dignitosa ai lavoratori stagionali che da fine ottobre giungerannonella Piana per  la prossima stagione agrumicola. “MEDU rivolge un particolare appello al nuovo Governo e al Presidente del Consiglio Renzi affinché mettano in campo risorse e volontà politica per aggredire lo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura, partendo anche dalla  Piana di Gioia Tauro e dalla questione dell’accoglienza. Un problema di civiltà che non riguarda solo migliaia di lavoratori immigrati, ma tutti i cittadini italiani”.






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