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Bergoglio nel Messaggio per l’edizione 2014 annuncia che Giovanni Paolo II sarà patrono delle Gmg

Giovanni Paolo II, per desiderio di papa Francesco, sarà proclamato patrono delle Giornate mondiali della Gioventù (Gmg). Lo sottolinea L’Osservatore Romano, commentando il Messaggio papale per la Giornata mondiale della Gioventù 2014 (si svolgerà il 13 aprile) che Bergoglio ha reso pubblico oggi.Papa Wojtyla è l’iniziatore delle Gmg, raduni mondiali dei ragazzi cattolici che si tengono ogni due o tre anni, mentre a livello diocesano la Giornata della Gioventù si celebra ogni anno. La prossima Gmg sarà a Cracovia – dove Wojtyla è stato arcivescovo – nel 2016.

Il Messaggio per la Gmg è intitolato con la frase di Gesù «Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei Cieli». «Le Beatitudini di Gesù – spiega Francesco – sono portatrici di una novità rivoluzionaria, di un modello di felicità opposto a quello che di solito viene comunicato dai media, dal pensiero dominante. Per la mentalità mondana – osserva – è uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi, che sia morto su una croce! Nella logica di questo mondo, coloro che Gesù proclama beati sono considerati “perdenti”, deboli. Sono esaltati invece il successo ad ogni costo, il benessere, l’arroganza del potere, l’affermazione di sé a scapito degli altri. Gesù ci interpella, cari giovani, perché rispondiamo alla sua proposta di vita, perché decidiamo quale strada vogliamo percorrere per arrivare alla vera gioia».

In definitiva, scrive Bergoglio, «si tratta di una grande sfida di fede». «Beati – scrive Francesco ai ragazzi – vuol dire felici. In un tempo in cui si è attratti da tante parvenze di felicità, si rischia di accontentarsi di poco, di avere un’idea “in piccolo” della vita. Aspirate invece a cose grandi! Allargate i vostri cuori perché vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere», come diceva il beato Piergiorgio Frassati, del quale Giovanni Paolo II – ricorda Francesco – sottolineò il «desiderio inestinguibile di felicità» che aiuta a «smascherare e respingere le tante offerte “a basso prezzo”», ossia «il successo, il piacere, l’avere in modo egoistico»: «Ne facciamo degli idoli, possiamo anche provare momenti di ebbrezza, un falso senso di appagamento; ma alla fine diventiamo schiavi, non siamo mai soddisfatti, siamo spinti a cercare sempre di più». «È molto triste – conclude il Papa – vedere una gioventù sazia, ma debole».

Ai giovani il Papa affida «il compito di rimettere al centro della cultura umana la solidarietà». «Di fronte a vecchie e nuove forme di povertà – la disoccupazione, l’emigrazione, tante dipendenze di vario tipo – abbiamo il dovere di essere vigilanti e consapevoli, vincendo la tentazione dell’indifferenza».

Nel messaggio il Pontefice sottolinea che «abbiamo tutti bisogno di conversione per quanto riguarda i poveri. Dobbiamo prenderci cura di loro, essere sensibili alle loro necessità spirituali e materiali». «Dobbiamo imparare a stare con i poveri – aggiunge – Non riempiamoci la bocca di belle parole sui poveri! Incontriamoli, guardiamoli negli occhi, ascoltiamoli. I poveri sono per noi un’occasione concreta di incontrare Cristo stesso, di toccare la sua carne sofferente».

«I poveri non sono soltanto persone alle quali possiamo dare qualcosa: hanno tanto da offrirci, da insegnarci. Abbiamo tanto da imparare dalla saggezza dei poveri!», scrive Francesco ai giovani di tutto il mondo. «Pensate – suggerisce – che un santo del secolo XVIII, Benedetto Giuseppe Labre, il quale dormiva per strada a Roma e viveva delle offerte della gente, era diventato consigliere spirituale di tante persone, tra cui anche nobili e prelati».

«In un certo senso – sottolinea Francesco – i poveri sono come maestri per noi. Ci insegnano che una persona non vale per quanto possiede, per quanto ha sul conto in banca. Un povero, una persona priva di beni materiali, conserva sempre la sua dignità».

«Le gioie più belle e spontanee che ho visto nel corso della mia vita sono – confida – quelle di persone povere che hanno poco a cui aggrapparsi. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile soltanto per contagio di gioia».



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