Il garante dei detenuti: “Manette e botte prima dei rimpatri”. Le violenze contro i migranti nei Cpr
«Se pisci là, ti diamo legnate». E ancora: fascette per legare mani e piedi, segni di violenze sul corpo certificate da medici stranieri. Condizioni di salute durante i trasferimenti spesso precarie, mancanza di procedure e regolamentazioni chiare a tutela dei migranti ma anche degli operatori di sicurezza. Come si vive nei Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri attorno ai quali il governo Meloni ha deciso di far girare la politica dell’immigrazione, è da tempo denunciato dalle associazioni e da quei pochi che riescono a visitarli: sporcizia, degrado, mancato riconoscimento dei diritti. Quello che si conosce di meno sono però le procedure con le quali gli ospiti dei Cpr vengono poi rimpatriati. Procedure che come ha documentato Mauro Palma, il garante nazionale per i detenuti, sono spesso lontane da uno Stato civile.
I numeri
I numeri, innanzitutto. Dal primo gennaio a oggi sono state rimpatriate forzatamente 2.770 persone. La maggior parte dei voli è stata verso la Tunisia (46 operazioni) che stacca Egitto (7), Gambia (5), Georgia (4) e Nigeria (3). Sono numeri piccolissimi se si pensa che nello stesso periodo sono sbarcate in Italia 133mila migranti a conferma che la strategia del rimpatrio forzato, come denunciano da tempo le associazioni e gli operatori del settore, non può essere la strada da percorrere. Anche perché i numeri dei rimpatri sono addirittura in calo: lo scorso anno sono state 3.916 le persone rimesse su un aereo dall’Italia, mentre nel 2020 si girava su una media di seimila persone all’anno.
La mancata comunicazione
Dunque aumentano gli sbarchi, i rimpatri restano pochissimi. A godere sono le multinazionali e le cooperative che si occupano della gestione dei Cpr. Che — ha documentato il Cild — usando la leva del massimo ribasso, offrono troppo spesso servizi assolutamente non adeguati. Palma (e il fatto che a occuparsi della vicenda debba essere il garante dei detenuti dice tutto sull’istituto del Cpr, una centro di detenzione per chi non ha commesso alcun reato) ha però acceso la luce su come avvengono i rimpatri. Spesso i migranti non conoscono i propri diritti. E questo, perché, il personale non parla l’inglese. «La questione — scrive Palma — non è di natura secondaria, ma incide sui diritti soggettivi della persona, poiché è bene ricordare che il diritto a comprendere è cardine dell’esercizio effettivo di tutti gli altri diritti». Emblematica la storia di due cittadini egiziani. «Nel corso dei colloqui con i mediatori culturali — si legge nel report — esprimevano forti timori di fare ritorno in Egitto manifestando, quindi, molto chiaramente la volontà di accedere alla procedura di protezione internazionale. Uno dei due, proveniente dal Cpr di Caltanissetta, che aveva espresso opposizione al rimpatrio e nel trasferimento era stato pertanto immobilizzato, dichiarava di avere provato, senza esito, a far registrare la propria domanda di asilo qualche giorno prima del rimpatrio. Un altro con una vistosa croce cristiana al collo piangeva. Il ragazzo risultava essere arrivato da poco in Italia, parlava solo arabo: diceva di essere un egiziano copto e di avere per questo motivo paura di tornare al suo Paese ed essere ucciso». Soltanto l’intervento dello staff del Garante ha interrotto il rimpatrio illegittimo, che altrimenti sarebbe avvenuto.
Le violenze
Nel report vengono documentati anche episodi di uso della forza. C’è l’egiziano costretto a fare flessioni nudo. La nigeriana spogliata prima dell’imbarco. «All’aeroporto di Palermo si sentiva un poliziotto dire a uno straniero: “Se pisci là, ti diamo legnate”». Frequentemente i migranti vengono “scherniti”. E spesso sono stati legati con «fascette di plastica, con il sollevamento e l’imbarco di peso in aereo, l’immobilizzazione della persona al sedile dell’aeromobile, sempre tramite le fasce in velcro». In alcuni casi, è lo stesso Palma ad ammetterlo, può essere necessario, «ma soltanto come ultima istanza». Cosa che invece sembra non avvenire: i migranti sono stati ammanettati anche in caso di «rimpatri volontari». Mentre in un paio di occasioni sono stati documentati segni di violenza all’arrivo nei paesi stranieri. Servono regole, dice Palma. A garanzia anche della Polizia. «I rimpatriandi — si legge nel report — subiscono un consistente uso della forza da parte degli operatori e una contenzione meccanica che può avere riflessi sulla stessa incolumità fisica e psichica della persona. D’altra parte, l’operatore di Polizia a cui è richiesta l’adozione di misure per riportare a compimento il rimpatrio, ha diritto ad avere elementi certi che indichino il perimetro dell’operazione e la legittimità dei mezzi necessari a tal fine. Per tale motivo, anche a tutela degli operatori medesimi, è fondamentale che la materia sia disciplinata e accompagnata da effettive garanzie».
Via: https://www.repubblica.it/cronaca/2023/09/26/news/cpr_maltrattamenti_migranti-415792731/
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