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L’Unione – Europea – fa la fortezza

Shukri Said – Blog Primavera Africana – Non sembra più vero, come insegnavamo i nonni, che l’unione fa la forza quanto, piuttosto, che l’Unione – Europea – fa la fortezza.

La voglia di rinchiudersi nei propri confini, nella propria economia, nella propria politica, respingendo le speranze che avevano caratterizzato gli anni a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo, si è rinforzata, è cresciuta e, quella sì, scavalca i confini e si diffonde a macchia d’olio.

Sembra incredibile, eppure siamo alla vigilia di quel 23 giugno in cui un referendum popolare potrebbe decidere l’uscita del Regno Unito dall’Europa. Sembra impossibile, ma la percentuale dei sudditi di Sua Maestà che sono a favore della Brexit dalla UE, arriva al 38%.

Referendum il 23 giugno 2016 per la Brexit

Referendum il 23 giugno 2016 per la Brexit

Ciò che è cambiato, rispetto a neppure tanti mesi fa, è stata l’ondata migratoria, insensatamente associata agli attentati terroristici di origine fondamentalista – sebbene gli attentatori siano risultati sempre tutti di provenienza europea – che ha fatto temere un’invasione della Gran Bretagna con nefasti effetti sul senso di sicurezza, sul livello di welfare e sui maggiori costi per conservarlo.

Il Regno Unito, con l’alta percentuale di favorevoli all’abbandono dell’Europa, si ritrova in compagnia di Stati come l’Ungheria, la Bulgaria e, ora, anche l’Austria – dove il Cancelliere Werner Faymann ha dovuto dimettersi pochi giorni fa sotto la pressione dell’ultranazionalista Norbert Hofer – che sono pronti a rompere i trattati pur di non inquinare l’idea, ancora tutta patriottica, della loro adesione all’Unione.

Dall’altra parte si trovano, invece, Stati come la Germania, il Belgio, l’Italia, la Francia, la Spagna e la Grecia che sono per un approccio più realistico e disponibile all’integrazione ed alla questione demografica.

Nel mezzo sembrano ritrovarsi Paesi come l’Olanda, la Repubblica Ceca, la Norvegia che vogliono vedere come va a finire il referendum in Inghilterra prima di decidere se seguirne o meno il percorso.

Alcuni, però, come la Scozia, si sentono talmente europeisti che intendono riprendere la strada del separatismo se la Brexit dovesse diventare realtà e sulla stessa linea si dispongono altri movimenti separatisti pronti a cogliere l’occasione, a volte a favore, a volte contro l’UE, per rafforzare le loro posizioni di contrasto al paese al quale tuttora appartengono.

Questo quadro risulta assai più frastagliato ove si consideri che anche nei Paesi favorevoli ad ulteriori sviluppi degli ideali europeistici, le opposizioni non sono affatto marginali e colgono ogni occasione per tirare acqua al loro mulino, spingendo costantemente per la frantumazione dell’UE.

Si direbbe che veramente in pochi facciano due conti sulle conseguenze che conseguirebbero all’uscita della Gran Bretagna dall’UE. Gli esperti della City, in coro, hanno allertato sui pericoli di impoverimento che correrebbe il sistema economico e finanziario inglese evidenziando che, da sola, l’Inghilterra regredirebbe di molto nella scala delle potenze mondiali. Da ultimo, il Premier Cameron ha addirittura evocato scenari di guerra!

Lo stesso Presidente Obama ha avvertito il Regno Unito, durante il suo recentissimo viaggio al di qua dell’Atlantico, che gli USA considerano prioritario il rapporto con l’UE nel suo complesso, più che la storica alleanza con la Terra di Albione: sono i numeri del mercato europeo, rispetto ai numeri della popolazione inglese, a rendere evidente quell’interesse.

Barak Obama in Europa a fine aprile 2016

Barak Obama in Europa a fine aprile 2016

Così come è evidente che, per competere sul mercato globale con colossi come la Russia (un territorio con ben undici fusi orari), la Cina (quasi un miliardo e mezzo di abitanti) o l’India (un miliardo e duecento milioni di persone), occorrono dimensioni, almeno, paragonabili.

Sono proprio queste considerazioni che dovrebbero indurre a vedere con chiarezza che il progresso è nell’unione tra tutti gli Stati europei, nell’integrazione di coloro che oggi hanno meno e, per questo, sono disposti a maggiori sacrifici pur di emergere e nella solidarietà tra Stati così come tra cittadini, perché il mondo sta diventando un posto pieno di colossi economici di ferro tra i quali i più piccoli risultano fragili come terracotta e destinati ad essere invasi da finanze straripanti.

Forse a tanti europei ed a quel 38% di inglesi che oggi vorrebbe uscire dall’Unione Europea bisognerebbe chiedere se preferiscono accogliere oggi i migranti, coinvolgendoli nel loro stile di vita, o di qui a breve essere invasi dalle economie che all’orizzonte si stanno gonfiando come tsunami. Prima di  porre la domanda, però, si dovrebbe mettere bene in chiaro e una volta per tutte che il passato non torna, tanto meno avvolgendosi in una bandiera a svastica.






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