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“Per l’integrazione quote-lavoro agli immigrati”, parla Emma Bonino

La leader Radicale lancia una legge di iniziativa popolare per cambiare la Bossi-Fini: “Serve un nuovo modo di raccontare l’immigrazione”

Emma Bonino scivola via dal banco dei relatori e s’infila nello studio accanto alla sala Zuccari, “la mia preferita qui a palazzo Giustiniani”. Ha voglia di fumare una sigaretta. Di là ci sono sindaci, prefetti, procuratori, presidenti di Tribunale. Hanno risposto convinti al suo progetto di lavoro. Emma torna in marcia su un tema per lei da sempre cruciale: l’immigrazione.

È un’illusione provare a far diventare l’immigrazione una questione importante, delicata ma anche una risorsa su cui confrontarsi senza dividersi?

Sento insieme l’orgoglio e la frustrazione di aver tentato di prevenire questo diluvio anni fa, tra il 2012 e il 2013 quando raccogliemmo le firme per un referendum per modificare la Bossi Fini. C’erano già la Siria, la Giordania, l’Egitto: era evidente da allora, e non c’era l’Isis, che l’Europa era il continente più ricco e anche più vecchio con accanto, a 300 km, un giardino d’infanzia, l’Africa. L’iniziativa Radicale fallì e nessuno volle capire. Oggi, nel 2017, c’è ancora chi parla di emergenza e fenomeno stagionale. Non s’è capito nulla. Possiamo farlo oggi? Dobbiamo perchè è necessario. Le strade sono due e vanno di pari passo: senza cambiare la narrazione sull’immigrazione e sull’integrazione non troverai mai la forza politica in Parlamento di cambiare le leggi».

Cambiare la narrazione popolare? Molto difficile con i luoghi comuni che imperversano, le criticità reali come i 5 milioni di poveri, il 40% di giovani italiani senza lavoro e il rischio terrorismo.

«Nell’autunno scorso con i Radicali abbiamo dato alle stampe un libretto sulle “Otto bugie”sull’immigrazione. Ha avuto un buon successo. Voglio dire che cambiare narrazione oltre che necessario è possibile. Ecco perchè oggi lanciamo qui con i sindaci, che sono il primo fronte dello Stato sul territorio rispetto ai cittadini, la proposta di un disegno di legge di iniziativa popolare per superare la Bossi-Finiche ormai non èapplicata e superata dai tempi».

Su che punto intende superare la Bossi Fini?

«Su uno soprattutto: in questo paese non si può più entrare in modo legale per motivi di lavoro, le quote previste dalla Bossi Fini non vengono fissate da anni così come non vengano fatte sanatorie. Così su 500 mila irregolari stimati, e destinati a crescere, ne abbiamo centinaia e centinaia che lavorano, sono integrati ma non hanno un permessodi soggiorno.Rivedere laBossiFini significa far emergere il nero. E questo aiuta anche sulla sicurezza». Cambiare narrazione, combattere gli stereotipi, da dove comincia? «Dainumeri. Quattro,soprattutto. Ilprimo: in Italia sono l’8% gli stranieri non comunitari, è il dato più manipolato visto che la percezione supera il 30%. Il secondo: gli stranieri producono l’8% del pil, circa 100 miliardi. L’Inps ha stimato che sono 640 mila le pensioni di italiani pagate da cittadini stranieri. Infine, uno studio di Confindustria con varie associazioni e Banca d’Italia, quantifica che il nostro sistema produttivo ha bisogno di una manodopera pari ad almeno 160 mila stranieri ogni anno per i prossimi dieci anni. Anni fa c’era un delizioso film americano, “Un giorno senza messicani”. Vorrei tanto vedere la versione italiana, “Un giorno senza immigrati”».

Anche il linguaggio può essere un modo per cambiare narrazione?

«Il linguaggio è fondamentale, cominciamo ad esempio a togliere di mezzo la parola emergenza. La comunicazione sui mediadi massaèdelicatissima, lascuola è decisiva. Mi ha sempre colpito come di fronte a un Salvini che va in tivù ogni giorno a rilanciare i suoi stereotipi, da questa parte non sia mai stato contrapposto un leader per dare la versione corretta».

La gestione dell’accoglienza non è stata delle migliori. In tre anni si sono creati centri di accoglienza con numeri ingestibili. Cosa propone?

«Quello che stanno spiegando i sindaci invitati qui oggi al Senato: l’acco glienza diffusa, stiamo ascoltando testimonianze di come i piccoli numeri creino linguaggi e percezioni del tutto diverse rispetto ai luoghi comuni. Questa è la strada, con strumenti di legge adeguati, per l’integrazione e il lavoro».

Il ministro Minniti propone riapertura dei Cie ma anche, d’accordo con Orlando, la depenalizzazione del reato di clandestinità. Inclusione e rigore. È la strada giusta?

«Orlando propone il superamento del reato di clandestinità, Minniti parla di nuovi Cie, più piccoli, con permanenze brevi e solo per chi ha l’espulsione in mano e frequenta ambiti criminali. Diamo fiducia al piano del governo che però deve avere nell’inclusione la seconda gamba»

Infatti il pacchetto prevede l’obbligo di fare lavori socialmente utili per chi chiede il permesso di rifugiato. Grazie ai fondi europei. Cosa possiamo dire al 40% di giovani italiani che non ha lavoro? «Le politiche d’inclusione servono prima di tutto per i nostri cittadini, non ci sono dubbi. Evitare la guerra tra poveri deve essere, in questo momento, prioritario. Una rete di centri per l’impiego che funziona veramente, non come quella attuale, per italiani e stranieri è un altro passaggio decisivo».

Anis Amri, il killer di Berlino, è arrivato con i barconi. Come spieghiamo agli italiani impauriti e arrabbiati che i flussi migratori non sono un alibi per i terroristi? «Amri non è arrivato qui con un piano stragista. L’ha sviluppatodopo, incarcere, purtroppo. Non dico che gli stranieri sono tutti santi, le indagini sul terrorismo devono andare avanti con sempre maggiori strumenti e accanto all’acco – glienza ci dev’essere il rigore. Diritti e doveri.Dobbiamo anchefare leespulsioni, magari ottimizzando i costi attuali. Dico solo che prosciugare lo stagno dell’irre – golarità aiuta anche la sicurezza».






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