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L’inchiesta di Report: basta cooperative, lo Stato gestisca i rifugiati utilizzando le caserme vuote Per accogliere 200 mila persone l’anno servirebbero 400 immobili

L’inchiesta di Report: basta cooperative, lo Stato gestisca i rifugiati utilizzando le caserme vuote Per accogliere 200 mila persone l’anno servirebbero 400 immobili
Quattrocentosettanta chilometri di filo spinato.

Una lunghezza pari a quasi quattro volte quella del primo muro tirato su in Europa, 19 secoli fa: il Vallo di Adriano. Due millenni più tardi le barriere di reti e acciaio spuntano in tutto il Continente. Cento chilometri fra Bulgaria e Turchia, 175 fra Ungheria e Serbia, una trentina fra Austria e Slovenia, 166 fra Slovenia e Croazia. E dove non ci sono muri fisici ecco le frontiere, e alle frontiere le divise, i fucili spianati, i controlli. «Schengen è morto», sentenzia il deputato del partito del popolo danese Kenneth Kristensen Berth con l’inviata di Report Claudia Di Pasquale. Quel partito rappresenta la destra antieuropea, vero. Ma la realtà dei fatti è che la libera circolazione delle persone nel nostro continente non esiste più. L’emergenza immigrazione ha risvegliato pulsioni nascoste: egoismi e nazionalismi che rischiano di far naufragare gli ideali stessi alla base dell’Unione. In questa crisi senza precedenti dei principi che da sessant’anni ci tengono insieme, l’Italia è il classico vaso di coccio. Con ottomila chilometri di frontiere liquide, impossibili da controllare, e la rotta dei Balcani ormai sbarrata, l’urto dell’immigrazione è tutto sulle nostre spalle, oltre che su quelle della Grecia. Un problema enorme da fronteggiare. A meno che non diventi un’opportunità.
In che modo hanno provato a immaginarlo quelli di Report di Milena Gabanelli nella puntata che va in onda domenica sera su Raitre. L’idea è quella di riportare la gestione dei rifugiati nelle mani dello Stato. Basta con gli affidamenti a certe cooperative: la storia del Cara di Mineo insegna. Basta con i finanziamenti agli alberghetti trasformati in ostelli degradati. Basta con il torbido intreccio su cui si allunga l’ombra di interessi politico-affaristici.

Le strutture pubbliche
L’Italia è piena di strutture pubbliche che potrebbero essere utilizzate per i compiti di accoglienza dei rifugiati. Caserme vuote ce ne sono dappertutto, e molte neppure in condizioni pessime. Alcune hanno cucine e servizi igienici funzionanti. Oltre a locali utilizzabili per i corsi di lingua, educazione civica e formazione professionale. Per accogliere 200 mila persone l’anno servirebbero 400 immobili. Il costo per rendere idoneo a tale funzione questo patrimonio pubblico si potrebbe aggirare, secondo le stime degli esperti consultati da Report (fra cui l’urbanista Paolo Berdini), intorno ai 2 miliardi. Altri 2 miliardi e 165 milioni l’anno sarebbero necessari per il mantenimento delle strutture, compreso lo stipendio per 25 mila addetti e 400 medici. Chi pagherebbe? «Se l’Italia mettesse in piedi un piano nazionale complessivo e il governo lo facesse suo presentandolo ufficialmente agli organi europei competenti, sarebbe senz’altro recepito positivamente. Se sono necessari più soldi ne discutiamo nel dettaglio, i soldi ci sono», risponde il commissario europeo all’immigrazione Dimitris Avramopoulos a Giuliano Marucci di Report. Potrebbe pagare dunque l’Europa. I rifugiati richiedenti asilo sarebbero accolti in strutture adatte e organizzate nel nostro Paese, per poi essere smistati secondo le quote nei vari paesi: identificati, preparati, istruiti e coscienti dei diritti e dei doveri europei. In cambio, una volta finita l’emergenza, ci resterebbe un patrimonio immobiliare pubblico ristrutturato e di valore enormemente accresciuto. Conosciamo l’obiezione: per la politica (e la burocrazia) italiana è una sfida impossibile. E non è campata per aria. Ma perché non provarci?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
7 maggio 2016 (modifica il 8 maggio 2016 | 15:10)
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http://www.corriere.it/cronache/16_maggio_08/cosi-l-immigrazione-puo-diventare-un-opportunita-l-italia-c4d45364-1494-11e6-b0b7-529290156e84.shtml

 






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